Julie Booker

Nasce Julie Elizabeth Booker il 26 maggio 1964 al Massachusetts General Hospital di Boston, dove la madre è primario di ginecologia. Elizabeth è il nome della bisnonna, che nel 1847 era diventata la prima studentessa di medicina nella storia degli Stati Uniti. Il padre abbandonerà la famiglia senza lasciarle un ricordo, e vagherà da stato a stato, lungo un itinerario di linee spezzate, morendo poi di tumore prima che lei possa rintracciarlo.

“La vita è scalare una montagna: punta gli occhi sulla cima, non ti lasciare mai distrarre. Così hanno fatto tutte le femmine della nostra famiglia” le ripete la madre durante l’adolescenza, il viso solcato da un sorriso rigido e fiero.

Dopo le superiori, non viene contemplata altra ipotesi che l’università, e ottiene un posto a Harvard, dove si appassiona alla biologia. La madre passeggia orgogliosa con lei fra gli edifici di mattoni rossi, ma storce il naso quando, a una cena dopo la fine dell’ultimo semestre, lei fa un annuncio inaspettato.

“Quest’estate viaggerò in Indonesia, per scoprire il mare”. I tentativi della madre di dissuaderla non valgono a nulla: rimane rigida e fiera. Tornata dal viaggio, decide di non specializzarsi in medicina. Annuncia di aver trovato lavoro al New England Aquarium. Accasciata sulla sedia, con una punta di speranza la madre riesce a chiedere: “Come capo ricercatrice di biologia marina?”

“Certo” mente lei.

I suoi unici strumenti di lavoro sono un taccuino a quadretti e una bic blu. La fronte appiccicata al vetro, ogni giorno, conta i pesci. I loro corpi lisci zigzagano senza scopo, attratti da granelli di polvere o frammenti di cibo. Alla fine di ogni turno, un solo numero da inserire nel registro: 24, 28, 22, 26. Oscilla su e giù, come un’onda nella vasca.

Muore dello stesso tumore del padre, senza aver scalato la montagna. Sul letto d’ospedale, i ricordi sfumati della madre vanno e vengono come l’acqua sul bagnasciuga di una spiaggia.

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